Il cromlech di Stonehenge domina la piana di Salisbury come un enigma millenario. La sua costruzione si sviluppò in più fasi tra il Neolitico e l’Età del Bronzo, approssimativamente dal 3000 al 1600 a.C., quando comunità agricole ormai stabili iniziarono a segnare il paesaggio con monumenti di terra e pietra. La disposizione circolare dei monoliti, sarsen locali e bluestones provenienti dal Galles sud-occidentale, rivela una società capace di coordinare trasporti e lavori su larga scala, con una logistica che, per l’epoca, ha del sorprendente.
Architettura megalitica e fasi costruttive del Cromlech di Stonehenge
La scena che oggi osserviamo è il risultato di più interventi: un primo henge (fossato con argine), un anello di Aubrey Holes (cavità circolari) probabilmente destinati a pali o pietre, e infine l’iconico circolo di sarsen con i trilitì interni, architravati grazie a sofisticati incastri a tenone e mortasa. L’accuratezza degli allineamenti e la standardizzazione dei moduli suggeriscono competenze tecniche notevoli: taglio, sagomatura, messa in opera con rampe e leve, controllo dell’orizzonte e delle direzioni solari. Non meno impressionante è l’importazione delle bluestones, legata a itinerari via terra e via acqua, indizio di reti interregionali e di una forte volontà simbolica.
Allineamenti solari e calendario cosmico
Stonehenge dialoga con il cielo. L’asse principale del monumento è allineato con il solstizio d’estate (alba) e, in senso inverso, con il solstizio d’inverno (tramonto). Questa correlazione, che coinvolge la Heel Stone e il viale processionale, fa pensare a un calendario cerimoniale che scandiva i momenti cruciali del ciclo agricolo. L’osservazione del moto del sole e, probabilmente, della luna e di alcune stelle, non implica un “osservatorio” in senso moderno, ma una liturgia del tempo condivisa, utile a coordinare semine, raccolti e raduni comunitari.
Spazio dei vivi, spazio dei morti in Stonehenge
Le ricerche hanno messo in luce deposizioni crematorie e un paesaggio sacro più ampio, con Durrington Walls – grande henge con strutture in legno – e altri siti satelliti collegati da viali e corsi d’acqua. È plausibile che Stonehenge fosse parte di un complesso cerimoniale, dove i vivi celebravano gli antenati e il ritmo stagionale. Il passaggio dal legno (effimero) alla pietra (duraturo) potrebbe riflettere il transito simbolico tra vita e memoria, tra feste stagionali e culto dei defunti.
Artigianato, mobilità e cooperazione
La qualità degli incastri, l’ingegneria dei trilitì e l’organizzazione dei cantieri indicano ruoli specializzati: artigiani, capisquadra, conoscitori di cave, trasportatori, figure rituali. La mobilità delle bluestones dal Galles suggerisce alleanze o scambi cerimoniali. In questo contesto, il cromlech opera come segno identitario e come strumento politico: costruire e mantenere un monumento così impegnativo cementa legami, stabilisce gerarchie, crea memoria collettiva.
Mito, scienza e fascino moderno nel Cromlech di Stonehenge
Dalla leggenda di Merlino al richiamo del solstizio odierno, Stonehenge ha alimentato narrazioni senza fine. Le indagini geofisiche e il telerilevamento hanno rivelato strutture invisibili sotto il suolo, ridefinendo l’area come paesaggio rituale complesso. Eppure, nonostante i progressi, il monumento conserva la sua ambiguità creativa: non un solo significato, ma un ventaglio di pratiche e letture che ne spiegano la persistenza nell’immaginario.
Stonehenge è insieme architettura, calendario e teatro sociale. Le sue pietre, orientate al sole e radicate nella terra, parlano di una civiltà capace di trasformare il paesaggio in cosmologia visibile. L’enigma resiste, ma proprio in questo risiede il suo potere evocativo.