Chi lo ama lo considera fresco, agrumato e raffinato. Chi lo odia, invece, lo trova insopportabile, con un retrogusto di sapone. Poche erbe aromatiche al mondo suscitano una reazione tanto polarizzante quanto il coriandolo (Coriandrum sativum), noto anche come prezzemolo cinese o cilantro. Utilizzato in moltissime cucine del mondo — da quella indiana alla messicana, passando per il Sud-est asiatico e il Medio Oriente — il coriandolo è al centro di un dibattito non solo gastronomico, ma anche scientifico e genetico.
La questione del suo sapore non è soltanto una questione di gusti: ci sono infatti cause biologiche e culturali dietro l’amore o il disgusto verso questa pianta.
Coriandolo: aroma fresco o un gusto saponoso?
Il sapore del coriandolo è dovuto principalmente alla presenza di aldeidi, composti organici volatili che si sviluppano nelle foglie. Questi composti sono molto simili a quelli presenti in alcuni saponi industriali e in detergenti profumati. Ecco spiegato perché molte persone, assaggiandolo, percepiscono una nota pungente e saponosa, spesso respingente.
Al contrario, chi non ha questa sensibilità percepisce un profumo fresco, che ricorda il limone, l’arancio e le erbe di campo. In effetti, nelle culture dove il coriandolo è parte integrante della tradizione culinaria, viene spesso utilizzato per esaltare il sapore dei piatti piccanti o grassi, proprio grazie al suo effetto rinfrescante.
Questa dicotomia percettiva è così diffusa che diversi studi scientifici hanno cercato di capirne l’origine, con risultati sorprendenti.
Il ruolo della genetica nel percepire il gusto del coriandolo

Uno dei più noti studi sul tema è stato condotto nel 2012 da un team del Broad Institute di Harvard e MIT, in collaborazione con la società di test genetici 23andMe. Analizzando i dati di decine di migliaia di persone, i ricercatori hanno scoperto che il gene OR6A2, responsabile di un recettore olfattivo sensibile alle aldeidi, è fortemente associato alla percezione del coriandolo come “saponoso”.
Chi possiede una variante specifica di questo gene è molto più propenso a provare disgusto per l’erba aromatica, anche se non è detto che questa sia l’unica causa. Il gusto, infatti, è il risultato di un mix complesso di fattori genetici, esperienze culturali e abitudini alimentari.
Ad esempio, se si cresce in un ambiente in cui il coriandolo è comunemente utilizzato (come in Messico, India o Thailandia), è più probabile che ci si abitui al suo sapore, sviluppando una tolleranza o addirittura un apprezzamento anche in presenza di una predisposizione genetica.
Cosa fare se il coriandolo non ti piace
Se fai parte di quella percentuale di popolazione che trova il coriandolo immangiabile, sappi che non sei solo. Alcuni chef suggeriscono sostituzioni aromatiche più neutre, come il prezzemolo riccio, la menta o il basilico tailandese, che riescono a bilanciare i piatti senza evocare lo stesso sapore pungente.
Altri consigliano un trucco interessante: pestare le foglie fresche con mortaio e pestello, magari aggiungendo del limone o dell’aglio, per “rompere” le molecole delle aldeidi responsabili del retrogusto sgradito. Anche la cottura, pur alterando le proprietà aromatiche, può rendere il coriandolo più tollerabile, poiché riduce l’intensità dei composti volatili.
Infine, vale la pena ricordare che i semi di coriandolo — molto usati nelle spezie da cucina — hanno un profilo aromatico molto diverso dalle foglie. Meno aggressivi, con un aroma più caldo e dolce, sono ben tollerati anche da chi non sopporta le foglie fresche.
In conclusione, il coriandolo è una delle erbe aromatiche più discusse del mondo, non per colpa sua, ma per via della straordinaria varietà con cui i nostri sensi elaborano gli aromi. Se per alcuni rappresenta un tocco esotico e rinfrescante nei piatti, per altri è semplicemente insopportabile. La scienza ci spiega che la causa è in gran parte genetica, ma anche influenzata dalla cultura e dall’esperienza. La prossima volta che ti trovi davanti a un piatto guarnito con foglie verdi, saprai che dietro quel semplice gesto si nasconde una complessa danza tra biologia, memoria e tradizione.
